Nelle Forme sfuggenti Erminio Tansini propone un connubio di scultura, fotografia e paesaggio: un’opera che riunisce e sintetizza la creatività dell’autore, le caratteristiche dei luoghi e le emozioni suscitate dalle realizzazioni scultoree.
Queste performances artistiche non tentano di avvicinarsi alla perfezione delle forme prodotte dalla natura: la inglobano e la fanno propria.
L’aspetto scabro del legno che compone le sculture genera un apparente contrasto con la ricercatezza poetica e la forza di ogni singolo elemento così come è disposto.
Tale contrapposizione è una delle peculiarità su cui si basano le Forme sfuggenti: gli elementi grezzi si combinano fisicamente e visualmente gli uni con gli altri in un avviluppo armonico di volumi e profili che coinvolge anche il paesaggio in cui le opere scultoree sono collocate.
Via via che li si osserva, questi intrecci danno vita a molteplici sfumature percettive, che compaiono e mutano con il susseguirsi degli spazi e dei materiali.
La sostanza delle forme diviene sensazione: si unisce in un tutt’uno con il paesaggio ma allo stesso tempo rimane individualmente riconoscibile. Questo è un altro cardine del sistema tansiniano.
La fotografia conserva la performance nel tempo e, tramite i contorni dell’inquadratura, rafforza l’organicità dell’ambientazione.
Di primo acchito pare difficile immaginare la singola scultura scorporata dalla scena in cui è così pittorescamente radicata: sembrerebbe di strappare la vitalità dell’opera.
Tuttavia, il medesimo soggetto non ha difficoltà a rigenerarsi in un altro contesto: di nuovo, unito al paesaggio eppure riconoscibile nella sua individualità, con una diversa ma ugualmente significativa poesia.
Quella che dona linfa vitale alle Forme sfuggenti.
Dragana Kostić
Tratto da: «In Primapagina», Crema, 1662, XXXV, 2020, p. 10.
© «In arce»: tutti i diritti riservati – Pubblicato il 16 agosto 2020 – Aggiornato al 29 novembre 2020