Testo critico riguardante lartista cannetese Dario Rossi, redatto dal critico darte Marzio DallAcqua e tratto dal catalogo della mostra A vene scoperte: Dario Rossi. Opere contemporanee (CastellArquato, Marzo-Aprile 2007).
Apollo, dio della luce, solare corifeo delle Muse, della poesia e della musica, viene sfidato da Marsia, satiro dei boschi, dopo aver ritrovato il flauto inventato da Atena e dalla stessa dea gettato lontano, poiché la imbruttiva gonfiandole mostruosamente le gote mentre lo suonava.
Marsia, ignaro della maledizione con la quale il flauto era stato abbandonato, che minacciava sventura a colui che lo avesse raccolto, si entusiasma suonandolo al punto da ritenersi più abile del dio Apollo, magistrale suonatore di lira.
La sfida si svolge in un paesaggio aperto di pascoli, campi e natura selvaggia, e decreta la vittoria di Apollo, il quale sanziona definitivamente la sconfitta di Marsia condannandolo ad essere scuoiato vivo.
Apollo è il simbolo della vittoria della violenza, del dominio di sé nellentusiasmo, dellalleanza tra passione e ragione, la saggezza in lui è frutto di una conquista, di autocontrollo; è simbolo di una suprema spiritualizzazione, dellascesa umana, della metamorfosi verso la perfezione in una crescita individuale estrema.
Il rimando alla pelle scuoiata di Marsia o a quella cristiana di San Bartolomeo, che riprende limmaginario dellantica punizione apollinea, ma annullando ogni simbolismo, ogni profondità simbolica ed emotiva, mi è apparso immediato vedendo le opere di Dario Rossi, il suo lavorare sul colore proprio come se fosse non solo epidermide, ma muscoli, nervi, ossature messe a nudo, scuoiate appunto, fatte affiorare da un chirurgo impietoso, freddo ed impassibile, che temporaneamente le dispone in molteplici ed inaspettate contorsioni che annullano ed esaltano la forma umana: una lezione di anatomia esercitata in spazi scabri, sopra cretti che esplodono prosciugati, su grumose nebbiosità daria mefitica o derbe in stucco.
Lo sfondo come prospettiva lontana, a sé stante, sul quale si adagia, emerge, affiora, consolidandosi, la figura umana fatta di terra, di carne, di sangue che assume una sua disarticolata fisicità, oltrepassando loriginaria natura da ectoplasma per acquistare peso, spesso persino un volume fatto di colore accumulato ed impastato in un delirio materico e creativo che lascia alle mani, piĆ¹ che allocchio, la modellazione di forme scomposte, slegate, che acquistano una dimensione oltre la tela, oltre la quinta davanti alla quale la loro esistenza acquista consistenza e solidità. Non si tratta di evocazioni, di affioramenti né allusivi ad altre forme di esistenza, né mnemoniche. Non hanno la consistenza dei sogni, ma sono realistiche, come lo sono le allucinazioni per chi le sperimenta, come queste appaiono e scompaiono, diventano non eludibili, autonome.
Dario Rossi viene scrivendo con i colori sulla tela un diario personale, privato, delle sue visioni, che hanno la limitazione dellautobiografia, come dimostrano i titoli in dialetto, nella sua parlata senza mediazioni e senza abbellimenti con rimandi ad eventi e presenze private e non comunicate se non attraverso allusioni, particolari, che richiedono una lettura attenta che superi il momento emotivo dellimpatto con torsioni drammatiche, innaturali, con materie magmatiche.
Immagini che insieme diventano esperienza comune, che ciascuno di noi ritrova in quel subbuglio di paure, di ansie, di desideri e di pulsioni che avvolgono il pianeta del nostro inconscio nel quale ci avventuriamo con precauzione e trepidazione, spesso fermandoci prima dellingresso.
Lo sfondo è neutro, indifferente, estraneo allimmagine e allimmaginario, anche quando assurge ad invenzione di paesaggio, anche quando ambisce a diventare spazio, seppure approssimativo, periclitante e malsicuro. Su questi fondali le figure ricavano una propria energia vitale, si vengono espandendo come amebe, si gonfiano con un dinamismo tutto interiore ed interno che ha però la dinamicità ed il movimento della vita.
Dario Rossi trae da sé la forza delle sue visioni e gli auguriamo che a lungo abbia questa arrabbiata, aggressiva, genuina ed autentica capacità dinvenzione, ma egli sembra cogliere nellaria vapori, nebulosità, relitti della grande pittura del novecento, echi delle avanguardie storiche, atmosfere dei grandi maestri, in un rimando insieme mutevole, cangiante ed indefinibile, proprio del tempo, di una cultura visiva ricca di presenze, referenze, citazioni ormai fuori da qualsiasi schema, da qualsiasi codificazione, ideologia o tendenza in una mescolanza totale funzionale solo allemozione, alle proprie necessità espressive e comunicative, con un linguaggio che nasce da un meticciato estetico, immaginativo.
Dario Rossi è figlio di questa cultura che ha assorbito linformale, lastratto insieme alle molteplici elaborazioni della figura, senza porsi problemi né domande e senza complessi di inferiorità.
È un modo nuovo, finalmente libero ed antiaccademico per porsi di fronte alloperazione artistica. È forse il modo attuale di essere naïf. Tale infatti spesso viene definito Dario Rossi, proprio per questa autenticità, per questa ingenuità tardoromantica di poter gridare le proprie visioni, di poter coinvolgere tutti nella propria storia, nella propria vita. Ed allora possiamo pensare allinfluenza su di lui, nel clima del tempo, di artisti come Jean-Michel Basquiat, ai fumetti, al cinema ad un presente visivo che permette a Dario Rossi di orchestrare la propria sinfonia di sentimenti dal dramma, dal rimescolamento psicoanalitico, allironia, al rinnovo di una tradizione di arte da strada e di emozioni che non negano il grottesco, la satira ed il riso.
Tratto da: [S. a.], A vene scoperte: Dario Rossi. Opere contemporanee, [CastellArquato], [Comune di CastellArquato], 2007, [pp. 4-5].
Dario Rossi
Incinta.
2006, tecnica mista su tela, 150 x 100 cm.
Esposto a A vene scoperte: Dario Rossi. Opere contemporanee (CastellArquato, 31 Marzo-29 Aprile 2007).
Pubblicato sul catalogo [S. a.], A vene scoperte: Dario Rossi. Opere contemporanee, [CastellArquato], [Comune di CastellArquato], 2007, [p. 10].
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Pubblicazione non periodica (Leggi 47/1948 e 62/2001).
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